MUTSEU

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Cagliari
  • Facciata della Chiesa del Santo Sepolcro
  • Navata centrale

Chiesa del Santo Sepolcro

La chiesa del Santo Sepolcro sorge nella parte alta del quartiere storico della Marina. Le fonti documentarie relative alle sue origini sono scarse, ma le preesistenze archeologiche venute in luce al di sotto della sacrestia e dell’area presbiteriale descrivono un’area sacra di antichissima origine, testimoniata in primo luogo da una vasca battesimale di forma sub-circolare, databile a età tardoantica.

La prima attestazione certa dell’esistenza della chiesa risale al 1519, quando viene citata in un atto notarile conservato presso l’archivio storico parrocchiale; questa datazione fa ipotizzare la sua edificazione almeno nel secolo precedente. Non gode invece di alcun fondamento storico la notizia, riportata anche dal canonico Giovanni Spano nel XIX secolo, secondo cui la chiesa fosse in origine appartenuta ai cavalieri Templari.

Nel 1564 la ecclesia sine cura sub invocatione Sancti Puccii vulgariter lo Sant Sepolcro nuncupata (“la chiesa priva di cura sotto l’invocazione di San Puccio, volgarmente detta del Santo Sepolcro”) viene affidata dall’arcivescovo di Cagliari Antonio Parragues de Castillejo alla appena istituita Arciconfraternita del Santissimo Crocifisso dell’Orazione e della Morte, un pio sodalizio il cui scopo principale consisteva nel dare sepoltura alle persone indigenti. L’intitolazione a San Puccio (Iacopuccio/Giacomo), presente nel documento appena citato e in pochi altri degli stessi anni, non è altrimenti documentata e non comparirà più nelle carte successive. L’arciconfraternita, oggi estinta, ha retto la chiesa ininterrottamente dal 1564 alla metà del XX secolo.

Annesso all’edificio sacro era un camposanto, che corrispondeva all’area dell’attuale piazza e delle case adiacenti e che restò in funzione fino ai primi decenni dell’Ottocento. Dopo il 1564 la chiesa venne interamente ristrutturata, assumendo le attuali dimensioni e le forme ancora oggi apprezzabili; l’immagine attuale dell’interno risente di una serie di interventi di epoca diversa: alla prima fase di ricostruzione, di gusto ancora tardo-gotico, risale il vano quadrato del presbiterio, coperto da una grande volta a crociera stellare a cinque chiavi, realizzato a partire dal 1587. All’ultimo quarto del Cinquecento e al primo Seicento è da ricondurre anche l’impianto delle numerose cappelle laterali che fiancheggiano l’unica navata, oggi impreziosite da ricchi arredi lignei e marmorei risalenti al XVIII secolo.
La realizzazione della nuova facciata sulla piazza nel 1899 ridefinì l’intero fianco sud dell’edificio e mise in secondo piano l’originario prospetto principale della chiesa, oggi visibile sul vicolo laterale, caratterizzato da un grande oculo circolare e dal portale classicistico di gusto seicentesco.

Cappella della Pietà. Un discorso a parte merita il prezioso “cappellone” aperto sul fianco settentrionale della chiesa a ridosso della parete rocciosa, destinato a sacello devozionale per il culto della Vergine della Pietà, il cui simulacro quattrocentesco è ancora oggi visibile all’interno. La grande cappella barocca si caratterizza per la pianta centrale e per l’imponente cupola su tamburo ottagonale e andò a sostituire, tra il 1681 e il 1686, un precedente sacello cupolato testimoniato dalle fonti d’archivio. La ricostruzione della cappella fu realizzata su progetto del capomastro ligure Domenico Spotorno e fu portata a termine grazie al sostegno finanziario dell’allora vicerè di Sardegna Antonio Lopez de Ayala y Velasco, conte di Fuensalida. Secondo la tradizione questo avvenne per una grazia ricevuta dal viceré da parte della Vergine della Pietà in occasione di una grave malattia della figlia. I grandi ritratti a figura intera della famiglia vicereale, opera del pittore di origine siciliana Giuseppe Deris, un tempo appesi alle pareti della cappella, sono oggi visibili nel vicino Museo del Tesoro di Sant’Eulalia.

La cappella ospita un imponente retablo barocco in legno intagliato, dorato e policromato, realizzato negli anni 1684-1686 dal fuster maiorchino Joan Gabanellas in collaborazione con l’intagliatore napoletano Paolo Spinale e il doratore Bernardo Infante. Contestualmente alla fabbrica, al di sotto della grande aula ottagonale venne scavata una spaziosa cripta sepolcrale, oggi visitabile, articolata in due ambienti intercomunicanti voltati a botte e caratterizzati da una decorazione delle pareti che imita un drappeggio funebre di colore nero. Al centro della volta della cappella principale compare la Morte munita di falce, sulla quale è riportato il motto nemini parco (“non risparmio nessuno”). La cripta, prima dei recenti restauri, era completamente occultata da un imponente riempimento di terra mista a ossa umane, verosimilmente effettuato in occasione della dismissione del cimitero adiacente alla chiesa nei primi decenni dell’Ottocento. 
Al giorno d'oggi la cappella della Pietà ospita le celebrazioni secondo il rito ortodosso.